"L’unico modo per risalire al sistema di premesse implicite in base a cui l’organismo opera è metterlo in condizione di sbagliare e osservare come corregge le proprie azioni e i propri sistemi di autocorrezione."
Gregory Bateson Questa frase è strepitosa e l’ho già citata in una delle puntate del ciclo “Nessuna è perfetta, tutte lo siamo – Spunti per un’audace depatriarcalizzazione” ma ce ne sono altre che voglio condividere qui perché sono state una recente folgorazione e mi hanno portato ad una conclusione che non mi aspettavo. Sono tratte da Folk Medicine di Micaela Balìce di cui trovi presentazione e recensione fra le ultime puntate del podcast. Sarò un po’ lunga ma mica si può essere sempre sintetiche... Volendo ancora approfondire c'è il podcast, appunto. Intanto la conclusione, poi le frasi che sono state pietre miliari della mia riflessione. Non ambisco a descrivere la realtà ma tendenze che vedo tornare e ritornare. Esperienze diverse ci sono e ne sono testimone e proprio per questo posso dire che se il modo esiste forse è il caso di vederlo e provare altre strade ma sono le premesse del desiderio che voglio mettere in discussione. Fra streghe facciamo un sacco di discorsi sul fatto che la linearità della storia è un’illusione, che ci si muove per cicli, nel nostro corpo come nelle relazioni, che la realtà è qualcosa di molteplice, che la dualità è una trappola patriarcale, che il tabù della morte va superato tenendo in considerazione la verità della sequenza naturale di vita/morte/vita, e poi? Passiamo il tempo a discutere su quali sono i motivi che portano difficoltà nelle relazioni fra donne, diamo la colpa a questo o quell’atteggiamento, costruiamo percorsi di empowerment e sogniamo un eden in cui finalmente trovare pace, concordia e sorellanza. In pratica immaginiamo di lavorare per qualcosa di statico, che non esiste né è mai esistito. La pace non è quiete, la messa in discussione è necessaria per la vita e la trasformazione eppure la pietrificazione in cui ci blocchiamo di fronte alle difficoltà non è lo sdegno che prelude alla parola, all’urlo e all’azione (magari su livelli diversi oltre a quello materiale) ma è uno spazio mortifero in cui non si riesce a prendere in mano il proprio dolore, a vedere quanto ciò che succede ci parla delle nostre ferite personali, che ciò che sentiamo ci dice come guardiamo, non cosa vediamo e quanto, insieme, delle potenzialità trasformative della comunità dentro e fuori di noi. Ogni via di empowerment personale lascia il tempo che trova se non si confronta con la comunità, con le sue sfide e la morbidezza necessaria a stare nel flusso, a volte non solo estatico, dei cicli. Ciò che ci fa stare meglio con noi stesse non sosterrà le nostre possibilità creative se non ci permetterà di uscire di casa e portare nel mondo la trasformazione. La salute è un processo che non può prescindere dall’esistenza, e dalla pratica ed esperienza, della malattia. La differenza la fa il modo di starci e la responsabilità che riusciamo a prenderci per ognuna e per tutte abbandonando l’illusione che la malattia, comunque si manifesti, sia un problema di chi la porta, e abbracciando la nostra possibilità di guaritrici sia come singole che come comunità, conoscendo e sperimentando il nostro ruolo nel processo con la piena conoscenza e responsabilità del nostro desiderio. Quello che possiamo imparare non è ad evitare la trasformazione ma a farci meno male possibile mentre la attraversiamo. Ciò che è vivo cambia, continuamente. Sembra tutto molto complicato ma le citazioni che seguono precisano perfettamente ciò che ho cercato di tratteggiare e mi fa piacere condividerle anche per invitarvi ad acquistare e leggere queste meraviglie. Eccole: "L'ottica da cui guardiamo il problema varia molto, per esempio, se poniamo l'accento principalmente sulla salute piuttosto che sulla malattia. Un sistema che predilige la salute investirà maggiori risorse verso l'educazione, l'autocura, la prevenzione, la salute ambientale dal punto di vista biochimico (come fattore concausale di svariate patologie) e dal punto di vista sociologico (come fattore concausale di patologie di ordine mentale e psichico): Un sistema che guarda al problema con l'occhio della malattia, investirà invece le sue risorse in un sistema sanitario funzionale, nella ricerca e sperimentazione sia scientifica sia farmacologica, nella specializzazione millimetrica riferita alle possibili variabili di manifestazione della malattia e nella battaglia contro il male che la malattia esprime." "La suddivisione basilare classica e condivisa tra molte culture così come dalle Medicine Complementari contemporanee è quella che vede tre livelli: dal più materiale al più sottile o energetico. Spirito, Anima e Corpo Fisico manifestano le tre grandi parti della nostra anatomia secondo le Medicine Tradizionali. La relazione tra materia ed energia definisce le differenze. Lo Spirito è la parte più sottile, in cui la porzione di materia è minima, e quindi è in grado di entrare in relazione con le energie affini del mondo degli spiriti e delle divinità. L'Anima ha una porzione di materia e di energia miste, è quasi collocabile nell'organismo e sicuramente compartecipa alle manifestazioni che noi chiamiamo psicosomatiche. Il Corpo fisico è quelli in cui la materia prevale, ma non manca ovviamente una porzione sottile. Tali livelli corrispondono simbolicamente alla triade già precedentemente descritta nel capitolo dedicato alla geografia multidimensionale: Cielo, Terra, Infero rimandando al concetto della stretta interrelazione tra microcosmo e macrocosmo. [...] La danza tra questi livelli è continua ed il corretto dialogo è alla base del processo di salute/guarigione." E ancora: “La guarigione è passaggio, transizione, modifica di uno status. La malattia è un processo. La guarigione è un processo (inverso rispetto alla malattia). La salute è un equilibrio dinamico. […] nel nostro pensiero contemporaneo occidentale […] La malattia viene vissuta come aliena da noi, aliena al contesto in cui viviamo, aliena anche alla nostra stessa storia. Ci capita senza motivo e ci tormenta spietatamente: “Perché a me?” ci si chiede. […] In questo approccio vi è una netta distinzione tra società – che deve essere sempre sana, funzionale, “normale” ovvero aderente al modello dominante, alla “norma” - e individuo, che nel suo privato porta la croce della malattia, del disagio o finanche della perversione con la sensazione ultima di non essere stato all’altezza.” E tutto ha l’aria di un unico discorso quando torno ad una citazione di Alicia Garza in “The Purpose of Power” che è stata al centro delle tre puntate del podcast dedicate a Sapientia: “Speranza non è assenza di disperazione, è l’abilità di tornare alla nostra visione di nuovo e di nuovo. Il mio scopo è di costruire potere politico per la mia comunità così che possa avere potere su ogni aspetto della nostra vita. Il mio lavoro è trasformare il lutto e la disperazione e la rabbia nell’amore che dobbiamo portare avanti. Io non mi definisco in base a ciò che mi manca e nemmeno noi, ci definiamo per come torniamo insieme quando cadiamo a pezzi.” e poi “C’è una differenza tra potere e impoteramento: il potere è la capacità di definire le condizioni della tua vita e della vita di altre. L’impoteramento è il sentirsi bene con se stesse e anche avere un’alta stima di sé. Accade quando le persone si mettono insieme e non si sentono più sole perché percepiscono che non solo le uniche a sperimentare quello che provano. Se l’impoteramento non viene trasformato in potere non cambierà molto intorno a noi: è il potere che determina se una scuola verrà costruita o ad una famiglia verranno garantite cure mediche di qualità.” “Andate nel bosco. Se non andate nel bosco, nulla mai accadrà e la vostra vita non avrà mai inizio.” — Clarissa P. Estés Buon lavoro, streghe!
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Chi scrive quiAnnalisa Biancardi De Luca Battaglia. Sempre in cerca di ciò che è autentico, fra boschi, vette, valli, foreste, cuori e musei... Archivi
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