Sono già diversi mesi che alterniamo gli incontri on line sulla ricerca archetipica sul viaggio dell’eroina con incontri di Seriegineforum in cui insieme riflettiamo su quali archetipi vengano messi in gioco nelle serie tv che abbiamo scelto di guardare ognuna a casa sua nelle due settimane precedenti.
Ultimamente ci siamo mosse un po’ ognuna in base ad ispirazioni diverse e io in particolare ho voluto guardare Inventing Anna di Shonda Rhimes (9 episodi di circa un'ora su Netflix). Avviso subito che sicuramente farò abbondanti spoiler quindi chi li teme torni a leggere quando avrà visto la serie. Le protagoniste sono due: una giornalista (Vivian Kent) in cerca di una storia che la facesse riemergere da una specie di limbo di chi ha perso la propria reputazione dal punto di vista professionale, e una giovane donna (Anna Delvey) che all’inizio vediamo in carcere ma di cui ci vengono raccontate le avventure dal punto di vista delle varie persone che via via la giornalista riesce ad intervistare. La serie supera il test di Bechdel, le donne hanno un nome, gli uomini hanno tutti solo ruoli di contorno, le donne parlano quasi solo fra di loro e comunque solo raramente di uomini. Ogni episodio della serie è incentrato su un punto di vista ed è come se fosse la trasposizione in video dell’intervista che ognuna rilascia a Vivian. Già questa impostazione mi piace molto perché parte dal presupposto che non sia possibile comporre il racconto di una vita basandosi su una sola voce. All’inizio di ogni episodio ci viene ricordato in modi anche divertenti che: “This whole story is completely true. Except for all the parts that are totally made up.” L’ispirazione viene da una storia vera e questo secondo me è uno degli aspetti più interessanti. Tutta la serie è percorsa dal dubbio se, davvero, Anna fosse una ricca ereditiera tedesca o meno e continuamente, invece, Anna ci riporta alla questione centrale: il fatto che fosse vero o no è assolutamente irrilevante, se lei fosse riuscita a portare a compimento il suo progetto tutto avrebbe funzionato, i soldi sarebbero rientrati e la città avrebbe avuto uno spazio magico che mancava. Questa domanda mi viene posta spesso anche riguardo alla magia; quando dico che sono una strega molte mi chiedono: ma stai dicendo che la magia esiste davvero? Cosa vuol dire ‘davvero’? Se davvero vuol dire che ciò che faccio abbia un effetto sulla mia vita emotiva direi che non ci sono dubbi sia riguardo alla magia che riguardo alle persone che si sono trovate ad incrociare Anna Delvey. E forse vale lo stesso anche riguardo alla realtà fuori di noi, ma su questo dovremmo confrontarci un po’ sulla questione dell’eterogenesi dei fini, argomento sempre appassionante. Insomma, nelle poche settimane che dividono la partenza dell’idea di Vivian Kent con tutte le difficoltà che incontra nel suo luogo di lavoro, le varie interviste, il parto di Vivian, e la fine del processo ad Anna il mistero resta fitto e si scioglie solo quando la giornalista, dopo il gran successo del suo articolo, ottiene l’autorizzazione ad andare in Germania a cercare i genitori di Anna. Quello che Anna chiede spesso a tutte le persone che si relazionano con lei è: cosa vuoi da me? Questa donna ha un fascino straordinario, riesce a fare per mesi una vita infinitamente superiore alle sue possibilità economiche ma assolutamente in linea con le sue capacità professionali in ogni ambito in cui si cimenti. Le sue indicazioni su vestiario e belle arti sono straordinarie, intesse relazioni di fiducia con persone di ogni ambito (indipendentemente dalla classe sociale/colore della pelle/professione/reddito) e si mette sempre in gioco profondamente dal punto di vista emotivo, per quanto poi lasci al suo passaggio una serie di debiti di dimensioni colossali. Per la maggior parte le persone “truffate” rientreranno delle somme con cui hanno più o meno volontariamente contribuito al progetto di Anna e chi non rientrerà prima del processo ci rientrerà dopo grazie alla visibilità che questa straordinaria personaggia riuscirà ad ottenere. Ma di chi è il merito di questa visibilità? Della giornalista che ha fatto un buon lavoro? Dell’avvocato che ha collaborato con la giornalista? Dell’amica che costruisce un profilo IG ad hoc per condividere le foto dei vestiti che Anna sceglie di indossare durante le udienze? Di chi testimonia in suo favore? Dell’esperienza del carcere che le dà la possibilità di costruire nel dettaglio una strategia di tessitura di contenuti e relazioni che funziona meglio di un orologio? Ma vediamo un attimo questo racconto dal punto di vista del viaggio dell’eroina. Sicuramente sia Anna che Vivian partono come Creatrici, entrambe hanno chiaro in testa qual’è il mondo straordinario a cui ambiscono. Nel corso del racconto, nei vari episodi che si muovono avanti e indietro nel tempo le vediamo anche in tutti i passaggi archetipici precedenti ma, soprattutto, Anna è una perfetta Amante, colei che ha già visto l'ombra dentro di sé e fuori, che sceglie il sé più autentico e costruisce alleanze con tutte quelle che incontra. Vivian può sembrare un Angelo Custode in alcuni momenti ma Anna è molto precisa nel riportarla sistematicamente al proprio vero intento nella relazione. Mi è piaciuta moltissimo la capacità di Anna di arrivare all’autentico desiderio in ogni persona con cui sceglie di mescolarsi senza nessun romanticismo e con un continuo smascheramento proprio e altrui come forse possono fare davvero solo quelle che hanno fatto i conti con la forte differenza fra etica e moralismo. Alla fine resteranno davvero impoverite solo le persone che si sono relazionate ad Anna in senso predatorio. Quello che la protagonista chiede continuamente è l’adesione ad un sogno e la fiducia che nessun ostacolo sarebbe stato troppo grande. Sicuramente tutti quei momenti in cui si ritrovava a non poter avere accesso ai propri bagagli (e documenti) a causa dei mancati pagamenti degli alberghi sono un po’ angoscianti e sono stata davvero tentata di non credere alla sua disperazione in quelle occasioni. Credo però che sia un buon esercizio stare a guardare le avventure di una persona che volutamente e ideologicamente ignora il principio di scarsità di cui tutte diciamo di volerci liberare, oltre a ogni limitazione di classe che poteva esserle imposta. Non so se possa essere definita femminista e nemmeno antipatriarcale, queste questioni sono oltre la sua visione. Il mondo straordinario che vuole creare non prevede una parte di distruzione, tantomeno del capitalismo (se non nel suo essere fondamentalmente ingiusto quando, come già magistralmente ci raccontò Benigni, i soldi li concede solo a chi già li ha più che a chi sa cosa farne). La sua opera distruttiva si concentra sulle maschere che indossano le persone che la circondano, lei non ne ha bisogno. Ciò che infatti davvero non accetta e le provoca un enorme dolore è quando l’avvocato, sperando di accattivarsi così il favore della giuria, la dipinge come una ragazzina incauta che mai è stata davvero un rischio per nessuno e in questi termini anche Vivian, in parte, la delude. Anna rifiuta l’immagine patriarcale della donna indifesa, delle relazioni pietose, del sostegno lacrimevole e questa è la cifra del suo esserci in tutto il racconto, Io la trovo favolosa. Approfondisco volentieri con cui la guarderà o la ha guardata nella chat dedicata sul server Discord della Scuola di stregheria on line. Ci vediamo lì.
0 Comments
|
News
Chi scrive quiAnnalisa Biancardi De Luca Battaglia. Sempre in cerca di ciò che è autentico, fra boschi, vette, valli, foreste, cuori e musei... Archivi
Dicembre 2024
|