1) Nessuna è perfetta e lo siamo tutte -
spunti per un’audace depatriarcalizzazione nelle relazioni
Ho avviato una serie di post su FB che voglio intitolare “Nessuna è perfetta e tutte lo siamo – spunti per un’audace depatriarcalizzazione nelle relazioni”. Lo faccio perché, rispetto a ciò che vedo girare on line, non vedo scritte da altre le parole che vorrei e quindi le scrivo io. Se sono utili, bene, altrimenti servono almeno a me per capire bene perché faccio le scelte che faccio, soprattutto quando mi girano le ovaie. Parlo di audacia perché ce ne vuole abbastanza per portare avanti questo modo di stare e di guardare, sapevatelo.
Cominciamo dalle relazioni personali, poi vediamo se allargare anche alla questione cerchi di donne rispetto alla quale ho molte più incertezze, ma magari potremmo costruirle insieme.
Premetto anche, ma lo riscriverò tutte le volte, che leggere queste parole e anche sentirsi profondamente in accordo NON BASTA. Quello che cambia le cose è STUDIARE (tantissimo) e agire ciò che si è studiato, guardare la realtà criticamente, ogni minuto, ogni virgola e portare un altro modo in ogni realtà che ci troviamo a vivere. Le impostazioni patriarcali ci sono state passate col latte materno, ci sembrano naturali, pratiche ed efficaci e soprattutto le usano tutte (o quasi). Spostarsi e agire diversamente è noioso, difficile e può sembrare inconcludente oltre ad esporci ad accuse di ogni tipo, ma andiamo per ordine.
Quanto alla declinazione di sostantivi, aggettivi, ecc. ho scelto il femminile perché la pagina è seguita quasi esclusivamente da donne e mi mette in difficoltà il sospetto abilismo di asterischi, u e simili.
C’è un discorso piuttosto peloso che leggo spesso nei post su FB e ha a che fare con quelli che io chiamo “suggerimenti per un mondo migliore” che, solitamente, riguardano quello che le altre dovrebbero fare e le conseguenze del fatto che non lo fanno: si descrive in modo più o meno preciso un episodio increscioso e si dice che queste cose succedono perché le persone sono invidiose/immature/ingenue/perché proiettano/ecc. Le più raffinate si appellano anche ai bias cognitivi. Tipicamente chi fa queste analisi lo fa da posizioni tipo: lo dico perché l’ho subìto e può ricapitare (ad altre)/lo dico perché mi succede di farlo (di essere invidiosa, di proiettare, ecc.) e quindi può succedere a tutte (e solitamente in particolare in questo momento ho ben presente a chi è successo e non sono io).
Beh, io da questi “esempi” non imparo nulla, anzi, mi sembrano controproducenti. Non voglio dire che non ci siano le stronze e posso sentirmi sollevata dal sapere che non le incontro solo io e anche che lo sono stata per altre. Le definirei piuttosto 'persone che non hanno competenza in ambito di comunicazione non violenta' ma continuerò a parlare di stronze per capirci. Dico però che se c’è una cosa certa è che le stronze non si sentono minimamente sfiorate da questo tipo di considerazioni, e lo dico per esperienza. Credo invece che questi discorsi non aiutano quelle che stronze non sono, almeno nella situazione, né il ripresentarsi di situazioni difficili, perché mettono negli occhi di chi guarda l’idea di poter interpretare le intenzioni altrui sulla base di esperienze precedenti (tipicamente negative) il che non ha nulla di naturale ma è un’impostazione patriarcale ed è il peggio che si possa fare per ritrovare vicinanza in qualunque situazione si sia persa, oltre a far sanguinare ancora di più la ferita da entrambe le parti. Davvero qualcuna pensa che dire ad un’altra: “lo capisco perché ti sei comportata così, anche a me capita a volte di essere un pezzo di merda” oppure “succede, sai, anche a me, di proiettare sulle altre ciò che non ci piace di noi” oppure “capita a tutte di essere invidiose, sai quante altre volte ho subito comportamenti come questi da gente invidiosa come te?” sia un modo di avviare una conversazione empatica?
E pensiamo davvero che qualcuna smetterà di parlarci alle spalle perché abbiamo scritto in un post su FB che non si deve essere settarie?
Difficilmente, se qualcosa ci fa male, l’interpretazione sarà amorevole quindi non stiamo nemmeno a perder tempo a immaginare o a trovare parole per dirlo: se ci interessa sapere perché qualcuna ha fatto qualcosa chiediamoglielo, di persona e guardandosi negli occhi, con la disponibilità a sentirsi dire che, quasi sicuramente, è stata mossa da un desiderio bello quanto il nostro, con la disponibilità a trovare strategie condivise, senza restare bloccate sulla nostra idea di come le cose dovrebbero andare e, soprattutto, di cosa l’altra dovrebbe fare (ma questo sarà oggetto della prossima puntata).
Se invece abbiamo incontrato la stronza di turno, cosa che può sempre succedere, e tutti i nostri limiti emotivi sono stati infranti (e della forma e la misura di questi limiti parleremo), basta dirglielo e chiuderla lì, prima possibile, prendendoci pienamente la responsabilità del nostro sentire e riprovando altrove senza temere il ripresentarsi delle stesse dinamiche né da parte nostra né altrui, perché nessun cuore è uguale ad un altro e non c’è scritto da nessuna parte che DOBBIAMO essere amiche di tutte o mantenere le amicizie sempre nella stessa forma.
Forse anche questo può essere considerato un suggerimento per un mondo migliore ma, io credo, c’è una differenza sostanziale: aiuta a mantenersi umane oltre che sottolineare l'essenzialità dello STUDIO, cosa che si vede raramente.
A questo proposito suggerisco, per cominciare, il libro Empatia - al cuore della comunicazione non violenta di Jean-Philippe Faure, Céline Girardet pubblicato da Terra Nuova Edizioni, per cominciare, oltre ad ascoltare il podcast Pillole di Stregheria, ovviamente, possibilmente almeno tre volte ogni puntata 😄🧹🧙🔥🏴❤
Cominciamo dalle relazioni personali, poi vediamo se allargare anche alla questione cerchi di donne rispetto alla quale ho molte più incertezze, ma magari potremmo costruirle insieme.
Premetto anche, ma lo riscriverò tutte le volte, che leggere queste parole e anche sentirsi profondamente in accordo NON BASTA. Quello che cambia le cose è STUDIARE (tantissimo) e agire ciò che si è studiato, guardare la realtà criticamente, ogni minuto, ogni virgola e portare un altro modo in ogni realtà che ci troviamo a vivere. Le impostazioni patriarcali ci sono state passate col latte materno, ci sembrano naturali, pratiche ed efficaci e soprattutto le usano tutte (o quasi). Spostarsi e agire diversamente è noioso, difficile e può sembrare inconcludente oltre ad esporci ad accuse di ogni tipo, ma andiamo per ordine.
Quanto alla declinazione di sostantivi, aggettivi, ecc. ho scelto il femminile perché la pagina è seguita quasi esclusivamente da donne e mi mette in difficoltà il sospetto abilismo di asterischi, u e simili.
C’è un discorso piuttosto peloso che leggo spesso nei post su FB e ha a che fare con quelli che io chiamo “suggerimenti per un mondo migliore” che, solitamente, riguardano quello che le altre dovrebbero fare e le conseguenze del fatto che non lo fanno: si descrive in modo più o meno preciso un episodio increscioso e si dice che queste cose succedono perché le persone sono invidiose/immature/ingenue/perché proiettano/ecc. Le più raffinate si appellano anche ai bias cognitivi. Tipicamente chi fa queste analisi lo fa da posizioni tipo: lo dico perché l’ho subìto e può ricapitare (ad altre)/lo dico perché mi succede di farlo (di essere invidiosa, di proiettare, ecc.) e quindi può succedere a tutte (e solitamente in particolare in questo momento ho ben presente a chi è successo e non sono io).
Beh, io da questi “esempi” non imparo nulla, anzi, mi sembrano controproducenti. Non voglio dire che non ci siano le stronze e posso sentirmi sollevata dal sapere che non le incontro solo io e anche che lo sono stata per altre. Le definirei piuttosto 'persone che non hanno competenza in ambito di comunicazione non violenta' ma continuerò a parlare di stronze per capirci. Dico però che se c’è una cosa certa è che le stronze non si sentono minimamente sfiorate da questo tipo di considerazioni, e lo dico per esperienza. Credo invece che questi discorsi non aiutano quelle che stronze non sono, almeno nella situazione, né il ripresentarsi di situazioni difficili, perché mettono negli occhi di chi guarda l’idea di poter interpretare le intenzioni altrui sulla base di esperienze precedenti (tipicamente negative) il che non ha nulla di naturale ma è un’impostazione patriarcale ed è il peggio che si possa fare per ritrovare vicinanza in qualunque situazione si sia persa, oltre a far sanguinare ancora di più la ferita da entrambe le parti. Davvero qualcuna pensa che dire ad un’altra: “lo capisco perché ti sei comportata così, anche a me capita a volte di essere un pezzo di merda” oppure “succede, sai, anche a me, di proiettare sulle altre ciò che non ci piace di noi” oppure “capita a tutte di essere invidiose, sai quante altre volte ho subito comportamenti come questi da gente invidiosa come te?” sia un modo di avviare una conversazione empatica?
E pensiamo davvero che qualcuna smetterà di parlarci alle spalle perché abbiamo scritto in un post su FB che non si deve essere settarie?
Difficilmente, se qualcosa ci fa male, l’interpretazione sarà amorevole quindi non stiamo nemmeno a perder tempo a immaginare o a trovare parole per dirlo: se ci interessa sapere perché qualcuna ha fatto qualcosa chiediamoglielo, di persona e guardandosi negli occhi, con la disponibilità a sentirsi dire che, quasi sicuramente, è stata mossa da un desiderio bello quanto il nostro, con la disponibilità a trovare strategie condivise, senza restare bloccate sulla nostra idea di come le cose dovrebbero andare e, soprattutto, di cosa l’altra dovrebbe fare (ma questo sarà oggetto della prossima puntata).
Se invece abbiamo incontrato la stronza di turno, cosa che può sempre succedere, e tutti i nostri limiti emotivi sono stati infranti (e della forma e la misura di questi limiti parleremo), basta dirglielo e chiuderla lì, prima possibile, prendendoci pienamente la responsabilità del nostro sentire e riprovando altrove senza temere il ripresentarsi delle stesse dinamiche né da parte nostra né altrui, perché nessun cuore è uguale ad un altro e non c’è scritto da nessuna parte che DOBBIAMO essere amiche di tutte o mantenere le amicizie sempre nella stessa forma.
Forse anche questo può essere considerato un suggerimento per un mondo migliore ma, io credo, c’è una differenza sostanziale: aiuta a mantenersi umane oltre che sottolineare l'essenzialità dello STUDIO, cosa che si vede raramente.
A questo proposito suggerisco, per cominciare, il libro Empatia - al cuore della comunicazione non violenta di Jean-Philippe Faure, Céline Girardet pubblicato da Terra Nuova Edizioni, per cominciare, oltre ad ascoltare il podcast Pillole di Stregheria, ovviamente, possibilmente almeno tre volte ogni puntata 😄🧹🧙🔥🏴❤