Se volessi descrivere con una metafora il mio percorso nel magico l’immagine più calzante sono forse i sentieri che gli altri animali creano nei boschi: seguendoli ci si trova continuamente a incroci di cui alcuni molto meno visibili di altri, spesso le tracce si intersecano con i passaggi dell’acqua e ci si può ritrovare di fronte a siepi più o meno spinose in cui si vede il sentiero sparire in un tunnel troppo piccolo e basso per il passaggio umano.
Ben prima di iniziare la via magica il mio rapporto con la lana era fatto di primavere in raccogliere la lana delle pecore che vivono intorno a me, di estati di lavaggi, autunni di cardature e fierucole e inverni di laboratori di feltro. Per anni ho evitato di avvicinarmi a filatura e tessitura perché ne avevo già abbastanza, poi qualcosa è cambiato: una gentilissima donna olandese in una serata d’estate mi ha insegnato a filare col fuso e me lo ha anche regalato e ne è seguita la ruota, la tintura naturale dei miei filati e infine la tessitura. Ho ricevuto in prestito il fuso, la ruota e anche il telaio e, al momento che sembrava più improbabile, nell’estate del 2020, grazie alla collaborazione col Coordinamento Tessitori, è nata anche la Scuola estiva di lane locali. Nel frattempo è stata aperta la Casa delle Streghe, sono nati la Tenda Rossa e il Cerchio di donne nel Valdarno, c’è stato il progetto di ricerca archetipica in cerchio Le Signore del Gioco, gli incontri annuali della Rete delle Tende Rosse, la scuola di stregheria on line e le scuole estive di stregheria e ad un certo punto il fuso ha cominciato ad essere sempre presente nei momenti e negli spazi che dedicavo al sacro. Le tre Parche, Penelope e Atena sono diventate riferimenti presenti non solo nello spazio simbolico archetipico, dell’immaginazione e della devozione ma anche riferimenti visivi e tattili dei gesti e delle pratiche. In conclusione della scuola estiva del 2021 ho fatto un passaggio contrario a quello che ho sempre consigliato a chi si avvicina alla realizzazione degli incantesimi: ho espresso un desiderio più grande di me, legato proprio alla possibilità di creare alla Casa uno spazio stabile di sperimentazione della lavorazione ed uso delle lane locali. Da quel momento mi sono sentita come se ogni volta dalla Dea mi arrivasse risposta ai miei dubbi: mi chiedevo come fare a lavorare col telaio con le donne ospiti seguendo l’ispirazione del momento senza doversi portare da casa decine di filati e colori per ogni evenienza e dopo poco scopro un negozio vicinissimo con un magazzino pieno di filati di pura lana di ogni dimensione e colore a prezzi stracciati. Mi chiedevo se ci fossero tracce antiche della lavorazione della lana in Valcamonica (dove si trova la Casa) e trovo quattro straordinarie incisioni rupestri su cui una donna ha appena completato una tesi di laurea che verrà a breve pubblicata. Scopro che in una Casa Museo in Valcamonica esiste un antico telaio funzionante e che l’amministrazione sta cercando qualcuna che si occupi di rimetterlo in funzione. Ogni volta che entro in un museo archeologico ci trovo decine di fusaiole di ogni misura con o senza scritte magiche o immagini di animali. Decido che in qualche modo devo “rispondere” a tutta questa valanga di meraviglia e alle amiche più vicine, come regalo di natale, dedico un lavoro di tessitura di sciarpe magiche in cui intrecciare, nel filare e tessere la trama, gli elementi utili alla realizzazione del loro desiderio, forza, coraggio, audacia, fortuna, connessione, visione, purezza diventano parte del tessuto. Appena comincio il lavoro è come se la realizzazione del mio desiderio riguardo alla Casa ed alla magia tessile avesse messo il turbo tanto da lasciarmi senza fiato per un motivo piuttosto particolare: ciò che scopro rispetto alla storia della lavorazione della lana in Valcamonica e non solo, si intreccia strettamente con la ricerca antropologica sui popoli alpini che seguo da anni in saggi e approfondimenti e attraverso la partecipazione e organizzazione di Michela Zucca e l’Associazione Sherwood. L’idea di Michela è che fra chi resta a vivere sulle Alpi si possano trovare tracce antropologiche del permanere di modalità di organizzazione sociale ed economica ugualitarie caratteristiche del tempo che ha preceduto la cristianizzazione e la diffusione di forme di potere centralizzato incentrato sull’accumulazione capitalistica e lo sfruttamento della Terra, degli altri animali e di chi si trova in condizioni di minorità. Nello scorso fine settimana, in particolare, mi sono sentita come se Cloto, la filatrice fra le Moire, mi portasse a spasso fra Val Seriana e Valcamonica come il bambino Gesù sulle spalle di San Cristoforo. Una delle donne che sta partecipando al più recente gruppo della scuola on line vive nella Bassa Val Seriana e ha condiviso il link ad un sito in cui viene descritto una via sacra druidica che, molto probabilmente, aveva inizio a Vertova (Érfa), dove esiste ancora una strada denominata “Druda”, e terminava, dopo aver guadato il fiume Serio, sull’altura oggi dedicata alla Madonna d’Erbia, dove il toponimo Erbia ha la stessa radice di Érfa. Una serie di elementi, descritti nell’articolo, portano ad individuare una influenza celtica irlandese, anche in considerazione degli intensi traffici tra il territorio di Vertova e l’Irlanda lungo la “via della lana”. Nella zona infatti venivano mercanti da tutta Europa, ma in particolare dall’Irlanda, per acquistare lana pregiata e tessuti nei paesi di Vertova e Gandino, centri tessili di grande importanza, e infatti nella zona c’è uno dei pochi se non l’unico Santuario dedicato a San Patrizio in Italia. Insomma seguendo le indicazioni dell’articolo sono andata a fare un giro nella zona, dove voglio tornare per visitare l’interno del Santuario della Trinità, una parte di quello della Madonna d’Erbia, quello di San Patrizio e il Museo Tessile di Gandino. Ma fin qui la cosa sembra limitata ad un collegamento ai culti druidici e poi sincretici cattolici di origine irlandese che hanno attraversato l’Europa fino alla scomparsa dell’ordine colombaniano. Il sabato, però, mi ritrovo a partecipare ad un progetto artistico incentrato su transumanza, lana, feltro e paesaggio - Andare con il gregge - guidato da Monica Sgrò in collaborazione con l’Associazione Coda di Lana con cui da tempo sono in contatto nell’ambito del recupero delle lane locali. La mattina passeggiata coi bambini delle elementari su una via che non avevo mai percorso sul lato orografico sinistro dell’Oglio e il pomeriggio una chiacchierata con Giancarlo Maculotti, esperto di gergo Gaì, un linguaggio proprio dei pastori transumanti fra la Valcamonica e la bassa bresciana e cremonese. Nell’approfondire le diverse parole Gaì che Maculotti ha voluto descrivere nel pomeriggio emergono una serie di elementi che testimoniano il permanere, fino a tempi relativamente recenti, di organizzazioni di governo autonome nelle comunità alpine, chiamate Vicinìe, strutture comunitarie che hanno lasciato tracce documentarie di: organizzazione ugualitaria (l’assunzione, nel XVI secolo, di una maestra per classi che coinvolgevano bambine e bambine); la capacità per tutti gli appartenenti alla vicinìa, di leggere e scrivere, l’incarico alle donne di occuparsi, senza la presenza di padri o mariti, della transumanza verticale dei bovini (il che comportava lo svolgere attività che non fossero esclusivamente domestiche e la possibilità di contatti con viandanti di passaggio fra i passi alpini); l’autonomia economica di ogni nucleo familiare (l’utilizzo del latte bovino per l’autoconsumo e la produzione ovina per lo scambio, la coltivazione degli orti); la lotta, anche armata, per il mantenimento dell’uso civico dei terreni da dedicare a pascoli; il progressivo arretramento con il diffondersi del latifondo, soprattutto in pianura, l’aumento dei capi per ogni comunità (soprattutto di pecore) e l’emergere di conflitti anche fra le comunità alpine legate allo sfruttamento dei pascoli; l’orgoglio dei transumanti (e delle popolazioni alpine) che muovendosi verso la pianura e le città avevano la possibilità di testimoniare lo stato di ignoranza e sfruttamento in cui versava chi viveva nelle città o nella campagne latifondiste senza avere possibilità di istruirsi, né muoversi né di scegliere come guadagnarsi da vivere. Alcune di queste Vicinìe sono ancora presenti, con caratteristiche di vitalità molto diverse, e i documenti che ne trattano vengono via via reperiti negli archivi più diversi e a volte anche improbabili, con scoperte che stanno facendo emergere storie appassionanti, tracce della storia di quelli che, come dice Michela Zucca, la Storia ha finora considerato superflui. Continuo a seguire questa traccia che è magica, storica, antropologica e materiale insieme, come se fosse una treccia che via via si compone di tante parti diverse, di cui ognuna trova il proprio senso e spazio in ciò che vedo, sento e tocco. La spirale si muove fra i tempi, i luoghi, le donne, gli animali, la lana, il latte, le montagne: ci sono momenti in cui sembra di poterla toccare, ho il cuore pieno di gratitudine.
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Chi scrive quiAnnalisa Biancardi De Luca Battaglia. Sempre in cerca di ciò che è autentico, fra boschi, vette, valli, foreste e musei... Archivi
Febbraio 2024
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