A volte basta abbandonarsi, a volte abbandonarsi è necessario. Due donne decidono di tentare un cammino insieme conoscendosi appena, fidandosi dell’unica cosa che sembrava unirle: il piacere di camminare e la devozione per la Dea, qualunque cosa essa significasse per ciascuna. Scopo condiviso, percorrere Valcamonica e Valtellina attraversando le antiche alte vie che hanno visto i passi di chi ha inciso in innumerevoli punti le rocce, di chi ne faceva strumento di devozione e di connessione, per riempire il vuoto delle interpretazioni e delle congetture con l'autenticità del sentire, dell'intuizione, della connessione, dell'arte. C’è infatti un motivo che ritorna e si manifesta chiaramente nelle stele ritrovate lungo la Valcamonica fino a Teglio, in Valtellina e oltre, in Val d'Aosta e in Svizzera. Le interpretazioni sono le più varie, dalla cometa al disco solare. A me, e non solo a me, piace pensare che abbia a che fare con la "Signora della Montagna". E’ chiaramente individuabile una simbologia comune alle due Valli riportate sulle statue stele del terzo, quarto millennio che ne caratterizzano i cicli di simbologia rupestre. Dalle stele ritrovate a Borno ed Ossimo sul versante orografico destro della Valcamonica fino a Teglio e Grosio attraverso la valle di Paisco e l’area di Belviso Barbellino. Poco di più sapevamo alla partenza e anche quel poco nemmeno tanto chiaro. Ognuna però, nella stretta economia del peso da porre nello zaino in vista dei chilometri da percorrere, ha scelto alcuni oggetti necessari per dare corpo e forma alla propria devozione. Non sempre li abbiamo esposti, non sempre abbiamo cantato, non sempre abbiamo bruciato incensi, salvia o tabacco, non sempre ci siamo immerse in quelle acque tanto presenti e tanto diverse, ma c’era quella presenza, quel sentire di essere un piccolo punto di contatto e connessione, come un ago di agopuntura sullo splendido corpo della Terra, un momento in cui dire e dirsi che la vita è un cerchio, che non c’è un prima e un dopo e che ciò che è autentico ritorna con la passione e la commozione di due cuori in cammino. Al Lago Nero, sopra il Lago Belviso, il primo altare su una pietra cosparsa di coppelle che si affaccia su un Lago tanto oscuro quanto splendente. Uno specchio che nel suo essere profondità del cielo sulla Terra, nel suo contenere la Terra in un’isola, richiama antiche cosmogonie. All’Antiquarium di Teglio, il giorno dopo, mi aspettano, senza che lo sapessi, le stele della Valtellina, quella che qui chiamano Dea Madre che si può toccare, riconoscere, onorare. Credevo di doverla cercare solo in alta quota, è scesa a mostrarsi. Intanto Lucia percorre altri sentieri. Restiamo sul lato orografico destro della Valcamonica, ci avviciniamo alla Concarena, la Sacra Montagna Femminile che domina la Valle dei Segni con la sua apertura vulvare e il suo perfetto cerchio inciso vicino alla cima più alta. Le guardiamo le spalle, la parte che si affaccia sul Passo del Vivione e poi sulla Val di Scalve avvicinandoci alle Cascate del Sellero con uno sguardo di sfuggita al Passo del Sellerino. Nel cerchio di pietre, al cospetto dei massi erratici piramidali che ci circondano, un altro punto, un’altra carezza, un altro esserci pienamente, una altro ascoltare. E’ il 21 luglio, il giorno in cui a Lozio si onora Santa Caterina che strappò i suoi fratelli alla guerra e alla furia dell’Imperatore e sfuggì ai cavalieri mandati ad inseguirla volando fino all’inizio della Valle del Baione, una valle stretta e ripida, battuta da venti furiosi e riempita da infidi ghiaioni vegliata dalla Signora della Montagna. Lì si trova una chiesetta a Lei dedicata e da lì abbiamo avviato la salita per scegliere poi il luogo di celebrazione e aprire un altro spazio magico. Al ritorno e nella tappa successiva abbiamo ritrovato la Grande Madre e la Signora della Montagna nelle incisioni delle stele di cui è disseminato l’Altopiano del Sole fra Ossimo e Borno. Se cerco parole per descriverLa, per descrivere gli Esseri Senzienti che La accompagnano, mi vengono canzoni divertite o ululati paurosi, risate soffocate, bisbigli sommessi, corsette furtive e sgambetti. Non ritrovo che silenzio, maestosità e potenza. Lei è lassù, non apprezza più di tanto le visite, soprattutto se rumorose. Ha braccia spigolose e fredde, aliti bollenti, sguardi da capogiro. Nel percorso anche una salita verso Dos Curù e Pian della Regina, sul lato orografico sinistro della Valcamonica, la montagna che sovrasta Saviore e Cevo, dove altre stele sono state ritrovate ma con funzione funeraria. Ognuna ha avuto i propri messaggi in quel Sacro luogo ma si tratta di Altro. La Via della Dea è sull’altro versante. Dopo la partenza di Lucia qui luoghi continuavano a chiamarmi, in particolare il parco delle incisioni rupestri di Sellero di cui da anni vedo i cartelli e che finalmente ho scelto di visitare. Lì la ho trovata, l’Antenata che guarda dritto verso Saviore, verso il Santuario Camuno del Cervo, verso il suo Altare naturale, verso la Sorgente dell’Orso. Lì ho ritrovato il senso della ricerca che non ha parole se non queste poche e sconclusionate, ma ha desiderio, emozione e volontà oltre alla consapevolezza che sono i nostri piedi, i nostri sguardi, i nostri canti, le nostre carezze che quelle pietre ricordano e aspettano. Un canto di gioia si alza con il vento e mi accompagna nel mio tornare a Casa, penne nere si mostrano ad ogni passo. Sono qui, Siamo qui, finché l’erba cresce, il vento soffia, il cielo è blu.
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Chi scrive quiAnnalisa Biancardi De Luca Battaglia. Sempre in cerca di ciò che è autentico, fra boschi, vette, valli, foreste e musei... Archivi
Febbraio 2024
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