Una comunità
Il secondo punto della descrizione della Casa è "Una comunità di donne in formazione sparsa e anarchica-mente moltitudinaria". Partiamo da 'comunità'. L'idea della Casa ha alla base un fare ben definito, come dice Alicia Garza: "sognare e agire per creare il mondo che meritiamo, di aprire la nostra immaginazione e metterci in gioco per creare e mettere in atto soluzioni ai nostri problemi e dare risposta al più profondo bisogno di connessione e comunità che è alla base di tutta l’esistenza umana. [...] Organizzare una comunità ha a che fare con tenacia, perseveranza e impegno. Non è come fare l’esperto di turno, dichiarare la tua opinione e commentare gli eventi mondiali sui social. Organizzare una comunità è un lavoro disordinato con lo scopo di far incontrare le persone che vivono in contesti diversi, hanno esperienze diverse, perché cambino le condizioni in cui vivono. Si tratta di costruire relazioni fra persone che possono pensare di non aver nulla in comune, farle sedere insieme e lavorare ad uno scopo condiviso come cambiare le condizioni che le mantengono ai margini della società, della politica, dell’economia, della cultura." Per far parte di questa comunità non è necessario essere amiche e nemmeno piacersi, ciò che conta è avere un desiderio, riuscire a focalizzarlo e agire per renderlo realtà che sia il desiderio di una o di più di una. La Casa delle Streghe è un posto in cui puoi trovare chi può realizzarlo con te. In questo la “formazione sparsa” è essenziale: non trovo interessante l’empowerment personale se non costruisce movimento disperso, se chi lo sperimenta non limita l’idea di appartenenza ad un ideale che ognuna è libera di declinare secondo la propria sapienza. Alla Casa non si distribuiscono patenti di autenticità e di fedeltà ad un patto condiviso. Ognuna è padrona del proprio desiderio e solo lei, e chi lo condivide con lei, (e agisce di conseguenza) sa come realizzarlo. Nessuna è al servizio di nessun'altra perché, come dice Starhawk: "Nel resistere al Padre Autoritario patriarcale chiediamo alle persone di diventare la Madre Altruista altrettanto patriarcale." In questo, si sa, l’organizzazione è fondamentale, ma non perché c’è bisogno di regole che contengano la naturale cattiveria umana, come ci insegna la peggiore pedagogia nera, ma perché proprio quella pedagogia ci ha messo addosso automatismi di cui è difficile liberarsi e che hanno il solo scopo di tenerci divise e mantenere in salute il potere patriarcale. Le regole,se condivise, ben definite e costantemente messe in discussione, aiutano a seguire percorsi che comportano un prendere una distanza da ciò che ci sembra di pensare, prendere sentieri inaspettati e, soprattutto, sperimentare che ciò che sentiamo non ci parla di ciò che vediamo ma di come guardiamo. Ma come, parli di regole e poi di “anarchica-mente”? Certo! Poche realtà sono organizzate nel particolare come quelle anarchiche proprio perché hanno almeno un secolo di consapevolezza del fatto che se rinneghi l’autorità esterna devi crearne una dentro di te perché non potrai appellarti a giudici né a tribunali e nemmeno costruirne di nuovi e magari elargire punizioni. E questa è la sfida più grande, rinunciare alla dualità, al bianco e al nero, alla ragione e alla colpa per abbracciare le moltitudini che siamo, il nostro profondo essere cicliche, aprire possibilità di manifestazione dell’imprevisto, del dis-turbante, del difficile perché tutto ciò che è mono (e così vicino a morto), unitario, univoco sia finalmente abbandonato, o aiutato nella trasformazione, a favore delle molteplici vie delle streghe Biofile (e grazie sempre Mary Daly). Chiudo con un’altra citazione, stavolta Alessandro Baricco, e chi mi conosce sa quanto mi costi fatica: “Non potrei spiegare, ma so che l’intelligenza di cui abbiamo bisogno non è un’intelligenza. Sicuramente userà catene logiche, per tenere insieme le proprie mosse, e utilizzerà il sapere per decidere quali fare. Ma non sarà un metodo, non si appoggerà su una rete di principi, non sarà in nessun modo una forma di razionalità. Sarà un fare. Sarà una prassi. Sarà una collezione di mosse. L’intelligenza sarà un fare. […] Credo che sarà diffusa, e non concentrata in alcuni luoghi deputati all’intelligenza. Sarà collettiva e non individuale. […] Tutte le decisioni, credo, discenderanno da un’unica abilità: riconoscere ciò che è morto da ciò che è vivo. […] Mi sembra ovvio pensare che sarà un’intelligenza audace. Nel senso che non avrà paura di perdere e di trovare. Chiunque fabbricherà paura sarà di intralcio, tutti quelli che la moltiplicheranno saranno accompagnati gentilmente fuori. Gli esploratori avranno un posto speciale, li si riterrà necessari. Commiati, addii e distacchi saranno insegnati, come gesti artigianali da compiere bene: li si riterrà obbligatori. […] È un artigianato del vivere. Siamo destinati, mi sembra, ad affidargli quanto abbiamo di più caro.” Alessandro Baricco – Mai più, quarta ed ultima puntata, pubblicata su Il Post il 30 marzo 2021 e disponibile integralmente (con le altre tre puntate) sempre sul sito de Il Post letto da Luca Bizzarri.