Il lockdown mi ha sorpreso che già ero a casa e sperimentavo la costruzione dei miei confini, e soprattutto la loro tenuta.
Ricostruivo mattoncino su mattoncino confini che io sentivo essere stati violati e ridisegnavo limiti laddove li vedevo incautamente oltrepassati, quindi quando la chiusura relazionale imposta dal distanziamento fisico e sociale è arrivata mi ha trovato perfettamente allineata ad accoglierla. Non spesso mi è capitato di avere una risonanza così simbiotica tra il mio sentire intimo e la realtà nella quale ero immersa. All'inizio.... All'inizio tutto è stato semplice, dopo solo molto dopo è arrivata una certa sensazione di mancanza. Solo dopo aver avuto certezza che i miei confini "tenessero", ho iniziato a guardare fuori dalle mura del castello nel quale mi ero per necessità auto-assediata. E fuori, dalla più alta delle torri, ho cercato con lo sguardo quello che più mi mancava ed era il rapporto di parità circolare con le altre donne. Alcune forme di relazione le avevo custodite e curate durante il lock down, altre avevo lasciato che si seccassero da sole. Ma le donne....quello era uno spazio di disagio in quanto non volevo (né potevo, né tecnicamente sarebbe stato saggio fare) averle dentro il mio "castello" sedute sul divano, ma in questo particolare tipo di relazione non trovavo soddisfazione nell'utilizzo dei social e delle piattaforme. Da qui la mancanza che sentivo, il non riuscire a trovare un modo per stare in cerchio con le donne che prescindesse dagli abbracci, dalla vicinanza, dall'energia del prendersi per mano e che io potessi ritenere bello e che potesse nutrirmi. Cosa potevano fare le mie mani, abituate a sentire il collegamento tra i corpi e e le energie quando sedevo in cerchio tra le donne? E quando il cerchio diventava quadrato di quadratini su zoom, e il posto di ogni donna era sul proprio personale divano davanti ad una telecamera, queste mani che posto trovavano? E' stato così che le mani hanno incominciato a cucire, ed io a risentirmi a mano a mano più comoda nel cerchio delle donne. Complice la zip di una gonna, che mi ha portato la prima volta davanti al video di un cerchio virtale con filo, ago e forbici in mano... Questa mia nuova modalità l’ho portata nel cerchio della mia tenda rossa per quando la necessità lo ha voluto virtuale ed in un nuovo cerchio nato per non essere in presenza.Cucire mi ha permesso di unire lembi di distanza, di vedere la distanza e saperla nominare...è solo un buco nella stoffa...e quindi saperla affrontare, domare, apprezzare. Cucire mi ha dato l'opportunità di riattivare una parte di me che non è intellettuale, ma che trova posto lontano nel tempo in una casa di nonne mezze-sarte. Mi sono data l'opportunità di scoprire il piacere di stare e di stare nella distanza, di esserci senza confondersi, di scegliersi, di trovare strade alternative. Ho cucito tantissimo, ricamato, filato, intrecciato acchiappasogni, infilato aghi, perle, collane, creazioni tenute insieme dal filo che lega segreti e incantesimi. Ho trasformato tanto. E poi è finito il lockdown. Le porte del mio "castello" si sono riaperte con un po' di ritardo, ma i confini tengono e io sono fiduciosa. Alcune donne le ho potute abbracciare, e a quel punto non sono serviti aghi per ricucire la complicità che la distanza aveva provato a mettere a tacere. Ma con altre donne non è stato così. E allora ho portato l'ago e il filo...eh, si! Complici un paio di pantaloni rotti proprio sulla soglia della porta....in mezzo a donne tra le quali ancora non mi siedo comodamente. E l'ago ha ci ha permesso di cucire i nostri confini con fili colorati, fare mosaico dei nostri strappi, vederli, nominarli,renderli nostri e ricucirli come si rammendano le ferite. E ce lo siamo passate questo ago, e da un paio di pantaloni rotti...sublime scusa per portarmi dietro ago e filo e ancor più sublime tempistica di rottura....è spuntato fuori un uncinetto, un gomitolo, un progetto di borse, di tende, di ricami. Di co-creazione. Di scambio di saperi, di dita che vanno più veloci e di dita che si infiocchettano con i fili colorati, di occhi che non vedono e di asole piccine, con l'intento di riparare quello che si può riparare, di ricucire quello che non è del tutto perduto, di chiamare a nuova vita, e di tagliare via....anche questo è un'azione sacra....quello che il filo non terrà più insieme. Cloto, Lachesi e Atropo
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Io e la mia amica Tereza abbiamo immaginato per mesi modi pratici e anche un po' magici per lavorare sui confini.
A ripensarci adesso credo che io e la mia amica Tereza faremmo bene a dedicarci all'uncinetto..... Persuase dalle nostre difficolta' personali a delimitare gli spazi nelle relazioni, abbiamo convinto Ester ad aiutarci. Noi volevamo costruire un muro e chi meglio di lei, che ha un'impresa di edilizia non convenzionale, poteva darci una mano a realizzare il nostro progetto? Sarebbe stato un atto simbolico, una specie di rito per renderci consapevoli di essere in grado di stabilire dei limiti laddove non eravamo ancora riuscite. Ester aveva colluso con questa follia promettendo di aiutarci. Avevamo trovato un posto all'aperto e ci saremmo dovute incontrare un pomeriggio di fine febbraio per reperire insieme il materiale, tutto naturale s'intende. Integraliste della sostenibilità anche nel delirio! Cominciò a piovere qualche giorno prima. Dovevamo sospettarlo che gli astri non erano a favore.... Anche il giorno dell'appuntamento pioveva, per cui decidemmo di rimandare alla settimana successiva ma la settimana successiva l'Italia si fermò. Ora, anche ammettendo che la faccenda di costruire un muro fosse una cazzata, trovo che la reazione dell'Universo sia stata veramente eccessiva. Ma che si fa così? Tre amiche non fanno in tempo a pensare di voler trasformare i propri rapporti con i confini attraverso un'esperienza concreta e lui subito fa scoppiare una pandemia!! Non voglio certo dire di sentirmi responsabile, ma dopo che mia figlia, per un esame all'Università, presentò una tesina dove metteva in relazione la crisi della sua famiglia con la crisi economica mondiale, un fugace pensiero ce l'ho avuto. Non si sa quante volte, con le altre due protagoniste di questa storia, abbiamo parlato di desideri e di come sia fondamentale essere precise nella loro formulazione per non incorrere in spiacevoli realizzazioni degli stessi! E niente. Per la serie "bene ma non benissimo", durante questi mesi di quarantena, il nostro generico "lavorare sui confini" ci ha portato a sperimentare declinazioni di limiti mai lontanamente immaginate. Isolamento, distanziamento sociale, guanti, mascherine e soprattutto muri. I muri delle nostre case da cui non potevamo uscire se non per comprovati motivi. Gli spazi erano delimitatissimi. Niente da dire! Non è per nulla facile sapere quello che si vuole davvero. Con la prima "riapertura", quando si potevano fare di nuovo le passeggiate, sono riuscita a incontrare più volte Ester e Giulia, un'altra amica. Entrambe abitano a pochissimi km da me ma le loro case sono comunque in un'altra regione. Vogliosa di riappropriarmi dei miei affetti avevo studiato i confini su maps e trovato un punto di contatto possibile. Ci davamo appuntamento nel luogo prescelto e poi camminavamo insieme, a distanza di sicurezza, su uno stradello in mezzo ai campi di orzo che sforava ora di qualche metro in una regione, ora di qualche metro nell'altra. Una specie di danza in cui per qualche minuto ero illegale io e per qualche minuto loro. La prima volta che ci siamo trovate Giulia si era presentata con un cestino di vimini per raccogliere erbe spontane lungo il cammino. Ci eravamo dispiaciute molto di questo limite regionale che ci impediva di stare insieme nonostante la vicinanza ma quel pomeriggio tornammo indietro con rinnovate consapevolezze. Giulia, esperta in materia, ci aveva ricordato di come le zone di margine in permacultura fossero molto importanti, perché è proprio lì che avvengono gli scambi e il terreno assume più nutrienti. Anche per gli esseri umani succede la stessa cosa. Dove ci sono i confini tra regioni o nazioni c'è un'interculturalità che va ad arricchire entrambe le parti. Ad un certo punto di maggio i miei figli sono riusciti a tornare a casa per qualche giorno ma, per una serie di motivi, non si sono visti. Prima è arrivata lei e poi, appena ripartita, è arrivato lui. Quando l'ho raccontato, Tereza, che nel frattempo ha davvero comprato un uncinetto, ha poeticamente commentato: "e così tu sei stata la zona di scambio dove i tuoi figli si sono incontrati o meglio dove i tuoi figli non si sono incontrati ma hanno incontrato te, il loro confine". Fin dall'inizio del blocco ho avuto la netta sensazione che se ci fosse stato un "dopo" mi sarei ritrovata a dover fare i conti con grandi cambiamenti e grazie a questo scombussolamento di panorama ho voluto iniziare a pubblicare il mio racconto su quello che mi stava succedendo in un blog Sapevo già di essere afflitta da una grave dipendenza dal cerchio di donne ma non immaginavo che la cosa potesse coinvolgere anche le donne che ne fanno parte prese una per una. Il fatto di non poter allontanarmi da casa non mi ha messo in crisi più di tanto, vivo in mezzo ad un bosco, ho potuto lavorare da casa, ho guadagnato un sacco di tempo che solitamente passo in viaggio per andare e tornare dal lavoro. La sera non ero sfinita come di solito e quindi ho guardato film, letto libri, inventato storie ed organizzato e partecipato ad un sacco di gruppi su Zoom e simili; tutti console donne, ovviamente. Però qualcuna avevo bisogno di vederla dal vero, era più forte di me e allora il giorno del mio compleanno ho finito per andare "casualmente" a fare la spesa allo stesso supermercato ed alla stessa ora di una cara amica. Ognuna con il suo carrello, in coda, ho passato la mezz'ora in coda più bella di sempre, è stata come una boccata d'aria fresca, il ritrovare quel modo di stare, di ridere, di capirsi profondamente. E allora ho iniziato ad organizzare altri incontri "clandestini" a metà strada fra un paese e l'altro in mezzo al bosco, al confine fra le regioni in messo ai campi, ed è stato un magico riavvicinarsi di cuori, anche mantenendo "le distanze". Abbiamo avuto la prova che il cerchio non è un'accessorio della nostra vita, è la realtà cui aggrapparsi quando il mondo si ribalta e niente sembra voler stare al posto dove siamo abituate a trovarlo. Le donne sì, loro c'erano... meno male!
Mi sono trasferita in questa magica terra da pochi mesi, precisamente da ottobre dello scorso anno. Vivo in campagna, nella Gallura con il mio compagno. Un paradiso, veramente un pezzo di terra dove la natura esplosiva ti ricarica e nutre abbondantemente. Quando è iniziato questo periodo di chiusura, mi sono davvero sentita benedetta dalla vita. Cosa potevo voler di più, in un momento così difficile, io potevo stare tutto il giorno all’aria aperta, con le mani nella terra, dedicandomi all’orto al giardino al campo di cactus e ai miei animali. Lontana dal centro abitato vari chilometri, potevo estraniarmi dalla situazione pesante che tutti stavamo vivendo. Ogni giorno ho benedetto e ringraziato di essere qui. Dopo due mesi però, sentivo una profonda mancanza. Non mi era chiaro di cosa si trattasse, a meglio, si, certo, i telegiornali erano un incubo, le notizie che arrivavano mettevano in grande crisi l’equilibrio psichico. Ma c’era anche silenzio, pace, la gioia di non aver obblighi e impegni, di essere giustificati anche di non aver voglia di andare a fare la spesa…con la scusa che non si può. Con il mio compagno abbiamo lavorato tanto, tra casa e terra, poi abbiamo letto, chiacchierato come non si faceva da tempo, abbiamo pure giocato a carte!! Che bellezza. Ma mancava qualcosa di importante. Cos’era? Mi ascoltavo un pochino, poi buttavo via i pensieri dando la responsabilità al momento tragico, e andavo avanti. Un giorno, però, vado a fare la spesa e dal verduraio incontro una donna davvero carina, un sorriso aperto e occhi sinceri. Mi piaceva. Mi si avvicina e mi chiede di cosa ho bisogno, di getto rispondo: di un letto, sono davvero stanca, sto facendo lavori in casa e sto imparando ad impastare il cemento….che fatica!!! Lei ride e mi racconta la sua storia di ristrutturazione, aveva addirittura imparato a tagliare il ferro e usare il demolitore, ridiamo di gusto, mi ha battuto alla grande! Mentre conversiamo arriva un’altra donna, un po’ più grande di età, straniera, dall’accento pareva tedesca, invece poi ho scoperto essere olandese. Malgrado le restrizioni delle distanze, lei entra e inizia a servirsi di verdura, tirando l’orecchio verso le nostre chiacchiere, ride con noi e aggiunge che ha imparato a fare muretti a secco! Meravigliose, tre manovale che insieme non pensavano 150kg, davvero buffe, ma così forti e determinate! Mi sono sentita far parte…. Ecco!!!! Ecco cosa mancava nel mio cuore, eccoooooo!!!!!!!!!!!!! LE DONNE la compagnia delle donne, le risate delle donne, lo sguardo di intesa immediata delle donne! Ho subito lasciato il mio numero di cellulare. Tornata a casa ho realizzato che dovevo muovermi e iniziare a creare rete! Qui ancora non sono riuscita a farmi amicizie o avere relazioni, se non buongiorno buonasera..insomma non conosco nessuno, vdeo l’impiegata della posta, o la cassiera del supermercato. Ho chiesto al mio compagno alcuni numeri di telefono di amici suoi, sposati. Ho chiamato le rispettive mogli, ho chiamato la donna olandese e altre due che ho incontrato al mercato. Sono corsa dal verduraio e ho detto a tutte: sto organizzando un pranzo per sole donne ci vieni? E’ stato così bello, tutte hanno detto si, Lucia mi ha guardato e perplessa ha detto: un pranzo per sole donne? Come? Solo noi? Mah… non so, ma però…sai….mi incuriosisce…solo donne…..mmhhh…SI VENGO! E alla fine ha portato anche la figlia diciottenne. La mia cucina era un brulicare di mani che si muovevano esperte, 13 donne (guarda caso) chi è sceso nell’orto e ha raccolto le verdure fresche, chi sbatteva, chi tagliuzzava, chi affettava il pane e chi decorava la tavola. Chiacchiere risate, COMPLICITA’ quella vera, spontanea che si crea immediatamente quando le donne, anche se mai si sono viste, si ritrovano davanti all’alchimia della preparazione del cibo, della cura e dell’accoglienza. E’ stato bellissimo, mi ha colmato il cuore da quel senso di mancanza e abbiamo pure mangiato troppo! |
i racconti delle donneIn questa pagina pubblichiamo i racconti delle esperienze fra donne che hanno sostenuto tutte ed ognuna nel tempo del distanziamento. Se vuoi aggiungere il tuo scrivi a [email protected] o manda un messaggio whatsapp a questo numero o riempi questo breve modulo. ArchiviCategorie |