Approfondimenti sulle sette regole dell'arte di ascoltare di Marianella Sclavi
Questi testi stanno uscendo a "puntate" sui profili FB e IG de La Casa delle Streghe quindi se ancora non ci sono tutte e sette le regole è perché ancora non sono state pubblicate (o io non ho aggiornato il sito...)
Ok, iniziamo questo nuovo ciclo di approfondimenti della domenica. "Ascolto attivo e facilitazione dialogica dei processi partecipativi" è il titolo dell'introduzione del libro da cui ogni domenica trarrò le citazioni che più mi colpiscono. L'intento del libro è di proporre strumenti che aiutino a rendere davvero partecipativi i processi decisionali. Ogni regola delle sette proposte ha bisogno di essere vissuta, sperimentata e fatta propria con un lavoro impegnativo e costante di visione e re-visione di cui la lettura è solo il primo passo. Ma ecco la citazione: "Nel dibattito, quando non è preceduto dal dialogo trasformativo, la diversità diviene occasione di schieramento invece che di conoscenza più approfondita delle questioni di cui si discute. Il modo con cui ognuno prende la parola nei due contesti, di dibattito e dialogo, è molto diverso: nel primo ci si rivolge agli
interlocutori per convincerli delle proprie ragioni, nel secondo per offrire loro il proprio punto di vista da affiancare a quello degli altri e raggiungere tutti insieme una visione più approfondita delle questioni in gioco. Di conseguenza nel primo caso si ascolta in modo giudicante (vero /falso, giusto/sbagliato,
amico/ nemico) nel secondo in modo attivo/esplorativo che riconosce a tutti i presenti il diritto di essere trattati come persone intelligenti e la divergenza come collaborazione alla necessaria moltiplicazione dei punti di vista. Nel primo caso la sintesi la fanno i “capi”, i “leader” coloro che contano, nel secondo
è compito di ognuno farsi carico dell’insieme delle preoccupazioni ed esperienze, in una dinamica di emersione di una intelligenza plurale." Si potrebbe discutere molto su condividere/convincere, su dibattito/dialogo, ascolto giudicante/esplorativo, dinamiche di sintesi ed emersione dell'intelligenza plurale.
Ecco i riferimenti del libro e dove trovarlo: Democrazia Partecipativa e Arte di Ascoltare di Marianella Sclavi e Daniel Buraschi con le vignette di Sara Seravalli; è scaricabile gratuitamente dal profilo di Marianella Sclavi su Academia.edu dove si trova un sacco di altro materiale interessante.
interlocutori per convincerli delle proprie ragioni, nel secondo per offrire loro il proprio punto di vista da affiancare a quello degli altri e raggiungere tutti insieme una visione più approfondita delle questioni in gioco. Di conseguenza nel primo caso si ascolta in modo giudicante (vero /falso, giusto/sbagliato,
amico/ nemico) nel secondo in modo attivo/esplorativo che riconosce a tutti i presenti il diritto di essere trattati come persone intelligenti e la divergenza come collaborazione alla necessaria moltiplicazione dei punti di vista. Nel primo caso la sintesi la fanno i “capi”, i “leader” coloro che contano, nel secondo
è compito di ognuno farsi carico dell’insieme delle preoccupazioni ed esperienze, in una dinamica di emersione di una intelligenza plurale." Si potrebbe discutere molto su condividere/convincere, su dibattito/dialogo, ascolto giudicante/esplorativo, dinamiche di sintesi ed emersione dell'intelligenza plurale.
Ecco i riferimenti del libro e dove trovarlo: Democrazia Partecipativa e Arte di Ascoltare di Marianella Sclavi e Daniel Buraschi con le vignette di Sara Seravalli; è scaricabile gratuitamente dal profilo di Marianella Sclavi su Academia.edu dove si trova un sacco di altro materiale interessante.
Eccoci alla seconda puntata dedicata al libro "Democrazia Partecipativa e Arte di Ascoltare" di Marianella Sclavi e Daniel Buraschi con le vignette di Sara Seravalli. Il libro è scaricabile gratuitamente dal profilo di Marianella Sclavi su Academia.edu dove si trova un sacco di altro materiale interessante.
Ma andiamo subito al sodo: la prima regola dell'arte di ascoltare è "Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni. Le conclusioni sono la parte più effimera della ricerca." La mia personale esperienza è che chi ha fretta di concludere spesso si sente di essere in maggioranza e quindi non ha voglia di stare a sbattersi ad ascoltare posizioni comunque minoritarie e magari espresse dalla "solita" che va sempre a guardare il pelo nell'uovo. Dietro questo atteggiamento ci può essere l'idea che la persona che pone delle questioni non lo stia facendo per il bene di tutte e per migliorare la riuscita di ciò di cui si sta parlando, ma perché: è una rompic..., ha dei conti in sospeso con qualcuna, non vuole che le cose funzionino, ecc... Questa impostazione, oltre ad essere miope, fa perdere la collaborazione da parte di chi non si vedrà rappresentata dalla decisione. Ma ecco la citazione: " Il contrario della fretta di arrivare alle conclusioni è accogliere divergenza, dissenso e conflitto, come preziosi sintomi di qualcosa di importante che stavamo ignorando e occasioni di reciproco apprendimento e approfondimento.
È sorprendente notare con quanta facilità e senso di sollievo le persone partecipano a un processo impostato fin dall’inizio sulla garanzia che il loro contributo in quanto persone uniche e concrete, in carne ed ossa, verrà accolto con un atteggiamento aperto e non giudicante e, che le divergenze iniziali saranno intese come altrettanti contributi per arrivare tutti assieme a inventare soluzioni inedite di mutuo gradimento."
Ma andiamo subito al sodo: la prima regola dell'arte di ascoltare è "Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni. Le conclusioni sono la parte più effimera della ricerca." La mia personale esperienza è che chi ha fretta di concludere spesso si sente di essere in maggioranza e quindi non ha voglia di stare a sbattersi ad ascoltare posizioni comunque minoritarie e magari espresse dalla "solita" che va sempre a guardare il pelo nell'uovo. Dietro questo atteggiamento ci può essere l'idea che la persona che pone delle questioni non lo stia facendo per il bene di tutte e per migliorare la riuscita di ciò di cui si sta parlando, ma perché: è una rompic..., ha dei conti in sospeso con qualcuna, non vuole che le cose funzionino, ecc... Questa impostazione, oltre ad essere miope, fa perdere la collaborazione da parte di chi non si vedrà rappresentata dalla decisione. Ma ecco la citazione: " Il contrario della fretta di arrivare alle conclusioni è accogliere divergenza, dissenso e conflitto, come preziosi sintomi di qualcosa di importante che stavamo ignorando e occasioni di reciproco apprendimento e approfondimento.
È sorprendente notare con quanta facilità e senso di sollievo le persone partecipano a un processo impostato fin dall’inizio sulla garanzia che il loro contributo in quanto persone uniche e concrete, in carne ed ossa, verrà accolto con un atteggiamento aperto e non giudicante e, che le divergenze iniziali saranno intese come altrettanti contributi per arrivare tutti assieme a inventare soluzioni inedite di mutuo gradimento."
La regola dell'arte di ascoltare di Marianella Sclavi su cui invito a riflettere questa settimana è: "Quello che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per riuscire a vedere il tuo punto di vista, devi cambiare punto di vista."
Ne abbiamo parlato anche nel percorso Geras - qualcosa che non ti aspetti - in cui ci stiamo preparando tramite incontri on line ad un incontro di persona a luglio. E' emersa l'importanza di legittimare anche i limiti: per quanto possa "spostarmi" dalle cornici di cui sono parte, e quindi vederle e posizionarmi più facilmente in un altro punto di vista, questo non vuol dire annullarsi e dare per buona qualunque opinione ma comporta aprire alla possibilità di apprezzare la molteplicità del vivente.
Nel testo da cui sto prendendo spunto (quello la cui copertina è l'immagine di questa serie di post), scaricabile dal profilo di Sclavi su Academia.org, ecco un'altra citazione strepitosa:
"Come spiega Gregory Bateson con la sua metafora dello sguardo, così come
per percepire la dimensione della profondità abbiamo bisogno di due occhi
perché con uno solo vedremmo tutto piatto, in qualsiasi processo cognitivo,
per comprendere qualcosa in modo non superficiale abbiamo bisogno di una
pluralità di prospettive. Grazie alla moltiplicazione dei punti di vista ognuno
di noi riesce sia a comprendere meglio le questioni di cui si discute, che a garantire il reciproco risconoscimento e rispetto."
Ne abbiamo parlato anche nel percorso Geras - qualcosa che non ti aspetti - in cui ci stiamo preparando tramite incontri on line ad un incontro di persona a luglio. E' emersa l'importanza di legittimare anche i limiti: per quanto possa "spostarmi" dalle cornici di cui sono parte, e quindi vederle e posizionarmi più facilmente in un altro punto di vista, questo non vuol dire annullarsi e dare per buona qualunque opinione ma comporta aprire alla possibilità di apprezzare la molteplicità del vivente.
Nel testo da cui sto prendendo spunto (quello la cui copertina è l'immagine di questa serie di post), scaricabile dal profilo di Sclavi su Academia.org, ecco un'altra citazione strepitosa:
"Come spiega Gregory Bateson con la sua metafora dello sguardo, così come
per percepire la dimensione della profondità abbiamo bisogno di due occhi
perché con uno solo vedremmo tutto piatto, in qualsiasi processo cognitivo,
per comprendere qualcosa in modo non superficiale abbiamo bisogno di una
pluralità di prospettive. Grazie alla moltiplicazione dei punti di vista ognuno
di noi riesce sia a comprendere meglio le questioni di cui si discute, che a garantire il reciproco risconoscimento e rispetto."
"Se vuoi capire quello che l’altra persona sta dicendo, devi assumere che ha ragione e chiederle di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva", ok, la regola della settimana comincia ad essere difficilina, anche nel percorso Geras che stiamo portando avanti con un bel gruppo di Crone la prima reazione è stata: "Ecco, così ci faranno sante!". Forse però è solo una questione di prospettiva: qual'è lo scopo con cui mi avvicino ad un confronto? Far prevalere la mia posizione nella convinzione che sia quella "giusta" o comprendere le ragioni altrui per aumentare la ricchezza complessiva della visione? Preciso sempre che non stiamo parlando di reati (fra cui l'apologia del fascismo, tanto per dirne una...) e che alcune opinioni possono anche non interessarmi, non sto parlando delle discussioni su FB, sto parlando di quei momenti in cui ci si vede di persona e si ha la volontà di capire e farsi comprendere. Questo genere di atteggiamento permette di capirsi abbastanza anche on line ma dobbiamo sempre tenere presente che la maggior parte degli elementi comunicativi fra umane passano attraverso il corpo quindi quando decidiamo come gestire le questioni aperte teniamone conto.
Tornando alla regola proposta da Marianella Sclavi nel testo da cui sto prendendo spunto (quello la cui copertina è l'immagine di questa serie di post), scaricabile dal profilo di Sclavi su Academia.org, non basta partire da questo presupposto ma poi bisogna anche fare le domande necessarie a cambiare prospettiva, a chiarire ciò che non riusciamo a comprendere, ad approfondire la meraviglia altrui.
Ecco un'altra citazione strepitosa sullo stesso punto: "Con l’empatia si assume che esperienze analoghe siano interpretabili in modo analogo: “Anch’io in una situazioni simile, ho provato le stesse emozioni..”. Diciamo di metterci nei “panni degli altri”, ma in realtà stiamo mettendo gli altri nei nostri panni. L’exotopia parte dall’idea che anche se i comportamenti sono simili, il loro significato può essere molto diverso e viceversa che comportamenti diversi abbiamo significati simili. Quindi si tratta di riconoscere la prospettiva autonoma dell’altro, una prospettiva con un proprio significato, non riducibile alla nostra".
Buona festa di primavera belle streghe!
Tornando alla regola proposta da Marianella Sclavi nel testo da cui sto prendendo spunto (quello la cui copertina è l'immagine di questa serie di post), scaricabile dal profilo di Sclavi su Academia.org, non basta partire da questo presupposto ma poi bisogna anche fare le domande necessarie a cambiare prospettiva, a chiarire ciò che non riusciamo a comprendere, ad approfondire la meraviglia altrui.
Ecco un'altra citazione strepitosa sullo stesso punto: "Con l’empatia si assume che esperienze analoghe siano interpretabili in modo analogo: “Anch’io in una situazioni simile, ho provato le stesse emozioni..”. Diciamo di metterci nei “panni degli altri”, ma in realtà stiamo mettendo gli altri nei nostri panni. L’exotopia parte dall’idea che anche se i comportamenti sono simili, il loro significato può essere molto diverso e viceversa che comportamenti diversi abbiamo significati simili. Quindi si tratta di riconoscere la prospettiva autonoma dell’altro, una prospettiva con un proprio significato, non riducibile alla nostra".
Buona festa di primavera belle streghe!
Quinta puntata dell'approfondimento della domenica sulle sette regole dell'arte di ascoltare di Marianella Sclavi, ecco quella di questa settimana: "Le emozioni sono strumenti cognitivi fondamentali se si sa comprendere il loro linguaggio.
Non ti informano su cosa vedi, ma su come guardi." Ecco, su questo potremmo sentirci in vantaggio come donne perché lo stereotipo a cui veniamo continuamente ricondotte è che saremmo più in contatto con le nostre emozioni di quanto non siano gli uomini. Il rischio è di dar loro un peso nella definizione di ciò che vediamo che va oltre la pressoché inconoscibile "realtà". L'esistenza di fatti incontrovertibili e conoscibili è uno dei più solidi miti illuministi con cui ancora non abbiamo fatto pienamente i conti (e qui sta una delle sfide della nuova intelligenza, vedi serie del venerdì su questi schermi). Nelle relazioni non siamo scienziate alle prese con masse e temperature ma siamo persone che hanno un punto di vista, esperienze, abitudini ed emozioni e ogni pezzettino influisce sulla nostra percezione della realtà. Le informazioni che ci arrivano dalle emozioni non parlano di 'com'è' ma di 'è come se'. Ecco la seconda citazione dal testo di approfondimento che si può scaricare dal profilo di Sclavi su Academia.org: "Tutto questo ha un risvolto di immediata utilità nella gestione di un incontro
pubblico: una differenza fra un contesto che reagisce agli interventi in modo
giudicante e uno che li accoglie con l’ascolto attivo è che il primo impedisce
l’auto-consapevolezza emozionale e il secondo la promuove. Nel primo effettivamente le emozioni rimangono bloccate, vengono intese come informazioni caratteriali, e quindi “distorcono la conoscenza”, nel secondo, operano in un campo transazionale e sono un contributo fondamentale a passare dalla pura razionalità alla saggezza."
Non ti informano su cosa vedi, ma su come guardi." Ecco, su questo potremmo sentirci in vantaggio come donne perché lo stereotipo a cui veniamo continuamente ricondotte è che saremmo più in contatto con le nostre emozioni di quanto non siano gli uomini. Il rischio è di dar loro un peso nella definizione di ciò che vediamo che va oltre la pressoché inconoscibile "realtà". L'esistenza di fatti incontrovertibili e conoscibili è uno dei più solidi miti illuministi con cui ancora non abbiamo fatto pienamente i conti (e qui sta una delle sfide della nuova intelligenza, vedi serie del venerdì su questi schermi). Nelle relazioni non siamo scienziate alle prese con masse e temperature ma siamo persone che hanno un punto di vista, esperienze, abitudini ed emozioni e ogni pezzettino influisce sulla nostra percezione della realtà. Le informazioni che ci arrivano dalle emozioni non parlano di 'com'è' ma di 'è come se'. Ecco la seconda citazione dal testo di approfondimento che si può scaricare dal profilo di Sclavi su Academia.org: "Tutto questo ha un risvolto di immediata utilità nella gestione di un incontro
pubblico: una differenza fra un contesto che reagisce agli interventi in modo
giudicante e uno che li accoglie con l’ascolto attivo è che il primo impedisce
l’auto-consapevolezza emozionale e il secondo la promuove. Nel primo effettivamente le emozioni rimangono bloccate, vengono intese come informazioni caratteriali, e quindi “distorcono la conoscenza”, nel secondo, operano in un campo transazionale e sono un contributo fondamentale a passare dalla pura razionalità alla saggezza."
"Una buona ascoltatrice è un'esploratrice di mondi possibili. I segnali più importanti per lei sono quelli che si presentano contemporaneamente alla
coscienza come trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti, perché incongruenti con le proprie certezze." Ecco la quinta regola delle sette proposte da Marianella Sclavi nel libro "Arte di ascoltare e mondi possibili", coraggio, siamo quasi in fondo. Su questa ho un esempio interessante che mi è capitato proprio nei giorni scorsi. A commento della notizia della possibilità per le donne di esercitare la professione di calciatrice Il Post ha messo un'immagine di donne che si abbracciano. Ho commentato che forse sarebbe stata più opportuna una foto di donne in momenti di gioco magari spettacolari più che in momenti "emotivi". Sono seguiti una serie di commenti da parte di un altro lettore de Il Post in cui mi ha fatto notare che prendendo un giornale on line che si occupa di sport anche buona parte delle immagini di maschi descrivono uomini che gioiscono e si abbracciano (metto nei commenti anche il link al post). Ho ringraziato del confronto e delle informazioni interessanti ma qualcosa continuava a rugare dentro di me. Ci ho messo un po' ma alla fine forse ho capito ripensando ad una frase che amo molto di Don Milani: "Non c'è nulla di più ingiusto di fare parti uguali fra diseguali". La percezione è stata confermata dalla (dolorosa come sempre) visione della rassegna stampa sessista di Michela Murgia nelle sue storia su IG la domenica: anche quando eccellono nelle professioni (e per questo i giornali ne parlano) le donne vengono sempre descritte dando evidenza a toni emotivi o alle relazioni familiari. Un vero bilanciamento informativo dovrebbe prevedere che delle emozioni delle donne non si parli più (nei giornali) per almeno cent'anni. Questo è stato per me ascoltare in questo caso: intanto ascoltare me, cos'è che non mi convince, che si scontra con qualche spigolo, che non quadra. Poi diventa chiaro quale è il punto ed è più facile trovare argomenti per aiutare l'altra a capire il tuo punto di vista. Non si tratta di trovare argomenti per dimostrare di avere "ragione", si tratta di capire meglio cosa si vuole e agire di conseguenza. Questo permette anche di vedere le cornici patriarcali in cui siamo costrette, uscirne e mostrarle anche alle altre. In questo caso quindi contesto un po' la sintesi di Sclavi riguardo alle proprie certezze: ho fatto tanta fatica a trovare radici che non ci voglio rinunciare, però non dare nulla per scontato permette di conoscerle meglio più che abbandonarle.
coscienza come trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti, perché incongruenti con le proprie certezze." Ecco la quinta regola delle sette proposte da Marianella Sclavi nel libro "Arte di ascoltare e mondi possibili", coraggio, siamo quasi in fondo. Su questa ho un esempio interessante che mi è capitato proprio nei giorni scorsi. A commento della notizia della possibilità per le donne di esercitare la professione di calciatrice Il Post ha messo un'immagine di donne che si abbracciano. Ho commentato che forse sarebbe stata più opportuna una foto di donne in momenti di gioco magari spettacolari più che in momenti "emotivi". Sono seguiti una serie di commenti da parte di un altro lettore de Il Post in cui mi ha fatto notare che prendendo un giornale on line che si occupa di sport anche buona parte delle immagini di maschi descrivono uomini che gioiscono e si abbracciano (metto nei commenti anche il link al post). Ho ringraziato del confronto e delle informazioni interessanti ma qualcosa continuava a rugare dentro di me. Ci ho messo un po' ma alla fine forse ho capito ripensando ad una frase che amo molto di Don Milani: "Non c'è nulla di più ingiusto di fare parti uguali fra diseguali". La percezione è stata confermata dalla (dolorosa come sempre) visione della rassegna stampa sessista di Michela Murgia nelle sue storia su IG la domenica: anche quando eccellono nelle professioni (e per questo i giornali ne parlano) le donne vengono sempre descritte dando evidenza a toni emotivi o alle relazioni familiari. Un vero bilanciamento informativo dovrebbe prevedere che delle emozioni delle donne non si parli più (nei giornali) per almeno cent'anni. Questo è stato per me ascoltare in questo caso: intanto ascoltare me, cos'è che non mi convince, che si scontra con qualche spigolo, che non quadra. Poi diventa chiaro quale è il punto ed è più facile trovare argomenti per aiutare l'altra a capire il tuo punto di vista. Non si tratta di trovare argomenti per dimostrare di avere "ragione", si tratta di capire meglio cosa si vuole e agire di conseguenza. Questo permette anche di vedere le cornici patriarcali in cui siamo costrette, uscirne e mostrarle anche alle altre. In questo caso quindi contesto un po' la sintesi di Sclavi riguardo alle proprie certezze: ho fatto tanta fatica a trovare radici che non ci voglio rinunciare, però non dare nulla per scontato permette di conoscerle meglio più che abbandonarle.
"Una buona ascoltatrice accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione interpersonale. Affronta i dissensi come occasioni per esercitarsi in un campo che la appassiona: la gestione creativa dei conflitti". La parola chiave di questa regola, secondo me, è 'paradossi': ammettere che "A" e "non A" possano essere entrambi veri, partire da questo presupposto e unire alla logica e alla razionalità la saggezza, l'intuito e un fare da esploratrice in cerca di mondi possibili. Un atteggiamento del genere non sembrerebbe eccentrico in un mondo che non facesse della logica e della razionalità oggetti di culto. Mi fa molto piacere richiamare a questo proposito la "puntata" di questa settimana della serie dedicata al testo di Alessandro Barico, Mai più pubblicato su Il Post a marzo del 2021 e in cui parlando della convinzione che esista una intelligenza razionale l'autore scrive: "Un cavallo convinto di essere un unicorno farebbe gli stessi due errori: credere di essere un’altra creatura e per giunta una creatura che non esiste." Presupporre l'esistenza di una posizione logica e razionale e magari anche, di conseguenza, vera, o utile o anche solo più utile di un'altra in senso assoluto, porta al decadimento della disponibilità all'ascolto per lasciare spazio al tentativo di convincere l'altra e quindi ad una perdita in termini di contenuti, oltre che, tipicamente, di qualità nella relazione. Il paradosso di questo tipo di comunicazione è invece proprio che privilegia l'ascolto e quindi rinuncia al controllo e, alla fine magari, anche alla risposta in termini che non siano domanda o proposta. Ed ecco la seconda citazione dal testo di Marianella Sclavi e Daniel Buraschi su cui è incentrata questa serie: "Nella postmodernità, nella società sempre più complessa del XXI secolo, vanno riprese una serie di doti, di capacità, relative alla uscita dalle cornici (l’arte di ascoltare, il gusto per il sorprendente ed inedito, la moltiplicazione delle opzioni,la rivalutazione delle virtù dei bricoleur e dell’arte dei collage) presenti nella cultura sapienziale premoderna e che la modernità ha trascurato quando non avversato."
Ultima regola ma non ultima puntata, il libro di Marianella Sclavi e Daniel Buraschi sulle sette regole dell'arte di ascoltare si chiude con una frase che racchiude tutte le altre, ma quella la prossima settimana. Insomma questa è una di quelle per me più difficili ma anche più interessanti: "Per divenire un'esperta nell’arte di ascoltare devi adottare una metodologia umoristica. Ma quando hai imparato ad ascoltare, l’umorismo viene da sé." Io la intendo come una specie di segnale di allarme: se non ti diverti, se non riesci a vedere gli aspetti paradossali di ciò che sta succedendo non vuol dire che c'è qualcosa di sbagliato "per te" ma vuol dire che non stai applicando l'arte di ascoltare quindi fermati, guardati e ripassati le regole. In questi ultimi mesi ho deciso di farlo sistematicamente, di non ignorare ogni piccola sensazione di stridore, ogni momento di nervosismo, ogni anche minuscolo moto di stizza e continuare a guardarlo bene fino a che non arrivo a sorriderne. Non si tratta di un atteggiamento di superiorità, anzi, si tratta di guardare ciò che (ci) succede senza la presunzione di poter capire al volo e, forse, di poter capire davvero in assoluto (senza il sostegno e la partecipazione altrui). Ho cercato di esercitarmi nel capire meglio ciò che vedo nelle discussioni altrui quindi sono stata piuttosto zitta e mi sembra incredibile, ora, che si possa ribattere ad un'affermazione di qualcuna senza prima chiedere conferma di aver capito bene. Non vuol dire che sarei in grado di farlo, vuol dire che però ora vedo meglio. Eh, lo so, sulle altre è facile... Vorrà dire che starò più zitta che di certo male non mi fa. Ed ecco la seconda citazione di approfondimento: "Ci sono anche situazioni in cui A è vero e non A è sbagliato, stop. Ma sempre più spesso, nella nostra società, nel nostro mondo globale, il conflitto è il sintomo di qualcosa che abbiamo trascurato, di punti di vista di cui non eravamo consapevoli e una occasione preziosa di ampliamento delle nostre conoscenze". Resta che per poter fare questo passo bisogna essere in due quindi prendiamocela comoda, determiniamo con chiarezza, innanzitutto dentro di noi, i nostri personali limiti da non far superare a nessuna ed evitiamo il martirio, sempre.
"Se dopo aver esposto la vostra idea qualcuna la critica, non cercate di spiegarle perché ha torto, cercate di capire perché ha ragione."
Eccoci all'ultima puntata di questa serie dedicata alle sette regole dell'arte di ascoltare proposte da Marianella Sclavi . Questa non è una delle regole ma le riassume tutte in senso pratico ed è stata inserita in chiusura del libro di approfondimento scaricabile dal profilo di Sclavi su Academia.edu.
In questi giorni che ho passato a studiarle e a cercare di praticarle quello che più mi ha stupito è la prima reazione di molte delle persone con cui ne ho parlato: "Ma è difficilissimo! Vuol dire essere sante!" Ma, alla fine, cosa ci costa dare per scontato che (anche) l'altra abbia ragione e allenarci a capire il perché? Da quello che ho potuto sperimentare, un forte e determinato interesse per l'altra (che a sua volta stenta a credere che tu davvero sia interessata al suo pensiero più che all'espressione del tuo), un ascolto fatto di domande e risposte, richieste di conferma e tempo per approfondire, porta a far diventare più interessante la discussione del suo risultato, il processo più della decisione.
Trovo preziosa questa impostazione in questi tempi in cui ogni discussione tende a basarsi più su schieramenti che su contenuti e, soprattutto, ad ignorare ciò che c'è alla base di ogni idea di futuro: bisogni e desideri. Su ogni presa di posizione ci si giocano amicizie, appartenenze, fiducia e stima. Non sono sicura che il gioco valga la candela.
Eccoci all'ultima puntata di questa serie dedicata alle sette regole dell'arte di ascoltare proposte da Marianella Sclavi . Questa non è una delle regole ma le riassume tutte in senso pratico ed è stata inserita in chiusura del libro di approfondimento scaricabile dal profilo di Sclavi su Academia.edu.
In questi giorni che ho passato a studiarle e a cercare di praticarle quello che più mi ha stupito è la prima reazione di molte delle persone con cui ne ho parlato: "Ma è difficilissimo! Vuol dire essere sante!" Ma, alla fine, cosa ci costa dare per scontato che (anche) l'altra abbia ragione e allenarci a capire il perché? Da quello che ho potuto sperimentare, un forte e determinato interesse per l'altra (che a sua volta stenta a credere che tu davvero sia interessata al suo pensiero più che all'espressione del tuo), un ascolto fatto di domande e risposte, richieste di conferma e tempo per approfondire, porta a far diventare più interessante la discussione del suo risultato, il processo più della decisione.
Trovo preziosa questa impostazione in questi tempi in cui ogni discussione tende a basarsi più su schieramenti che su contenuti e, soprattutto, ad ignorare ciò che c'è alla base di ogni idea di futuro: bisogni e desideri. Su ogni presa di posizione ci si giocano amicizie, appartenenze, fiducia e stima. Non sono sicura che il gioco valga la candela.